Una delle peculiarità del Web, quella di essere interattivo, non può essere protetta da un brevetto e non appartiene a nessuno. O meglio, appartiene a tutti e quindi questa caratteristica non può essere rivendicata da Michael Doyle e dalla Eolas Technologies.
Queste le “coordinate” dei due protagonisti di una causa legale che avrebbe potuto segnare il futuro del Web e dell’ecommerce, una questione così epocale e delicata che anche Tim Berners Lee, uno dei “papà” del world wide web, è sceso in campo e si è seduto al banco dei testimoni.
In ballo c’era la rivendicazione della paternità del cosidetto Interactive Web, ovvero il sistema che permette agli utenti di interagire con le immagini all’interno di una finestra su un browser. Doyle, come un prestigiatore, aveva tirato fuori dal classico cilindro un brevetto rilasciato a lui e ad altri due suoi colleghi dell’Università di California, David C. Martin e Cheong S. Ang, nel lontano 17 novembre del 1998.
Doyle, ex biologo, aveva trascinato in tribunale complessivamente otto aziende del calibro di Google, YouTube, Yahoo, Amazon e altri big 2.0. E guerra fu quindi ma… (continua)